In un paese come l’Italia in cui tre imprese su quatto sono a conduzione familiare, una delle maggiori difficoltà da affrontare è il temuto e spesso ignorato problema del passaggio generazionale.
Gli imprenditori di piccole e medie imprese (talvolta anche di quelle grandi) tendono a considerare l’azienda come una qualcosa di loro proprietà. La loro azienda. Piccola o grande, società di capitali o di persone, con dipendenti o meno… la loro. Anzi, c’è chi va oltre e confonde la società con loro stessi. Non solamente “è mia” ma addirittura “sono io”.
Questo crea non pochi problemi nel momento in cui è necessario cominciare a delegare e, ancor di più, quando il “paròn” non è più in grado di guidare la sua creatura in modo efficiente e attuale ma vuole rimanere a tutti i costi al timone.
I figli presenti in azienda, poi, creano talvolta più problemi che soluzioni in quanto sono per l’imprenditore la zona grigia del vorrei ma non posso: “Vorrei lasciare andare la mia creatura (l’azienda, s’intende, non certo la prole), ma non posso farla gestire ad altri che non siano me”. Spesso cresciuti in situazioni di privilegio, lontani dalle conseguenze delle loro scelte, giudicati con metri di giudizio ad personam, premiati con stipendi sovradimensionati e incarichi pro forma creano scompensi nell’organizzazione e possono generare malumori ed invidie in azienda.
Non bisogna però fare di tutta l’erba un fascio: sono molte le realtà virtuose in cui l’esperienza delle generazioni precedenti si amalgama con lo slancio e la voglia di fare delle nuove. Realtà in cui i figli si assumono le proprie responsabilità (non prima di anni di gavetta) e dimostrano ai genitori che l’azienda la sentono anche loro e, soprattutto, la possono guidare.
Può aiutare l’imprenditore a uscire dal circolo vizioso garantendo la governance de dicto ma assumendo quella de facto quantomeno per alcuni periodi. Può formare le nuove generazioni rendendole consapevoli di ciò che li aspetta, responsabilizzandole. Può anche fungere da spalla per le nuove generazioni virtuose che hanno bisogno di forza per far approvare dei cambiamenti, talvolta consistenti, da chi li precede.
Faccio queste riflessioni mentre sono in volo per Dubai per accompagnare un imprenditore di terza generazione nemmeno trentenne in una settimana densissima di incontri.
Il padre, seconda generazione e anello di congiunzione tra chi ha fondato l’azienda e chi la sta facendo decollare, è rimasto a casa. Non perché non avesse voglia di venire, anzi, ma perché si è reso conto che Dubai è del figlio. L’intero mondo è suo.
Ci ha accompagnati in aeroporto, raccontandomi di come il figlio abbia quadruplicato il fatturato in due anni, di quanto lavora, del fatto che ha iniziato sul campo. Al momento di salire in auto ha dato le chiavi al figlio, mi ha fatto salire davanti e lui è salito sui sedili posteriori. Mai ho assistito a un inizio di viaggio più simbolico di questo.
Il catalogo (indovinate chi l’ha pensato e ne ha seguito la realizzazione) è pronto. Gli undici appuntamenti e tre cene di lavoro in quattro giorni fissati. Mente sgombra e focalizzata.
Finirò l’articolo sul volo di ritorno ma sono sicuro che sarà un successo!
Una settimana densa e soddisfacente a conferma delle previsioni dell’andata. In ogni appuntamento veniva raccontata con enfasi la storia dell’azienda e con passione il futuro immaginato: una bellissima esperienza per me, consulente, e per l’azienda che riuscirà a espandersi in questo nuovo mercato.
Il passaggio generazionale è un processo che non avviene all’improvviso, magari con una firma dal notaio: è formato da anni di convivenza di diverse generazioni in azienda durante i quali ognuno deve imparare qualcosa dall’altro. Fondamentale è determinare e rispettare dei ruoli precisi, creando dei centri di responsabilità reali che permettano di sviluppare l’autonomia in contesti delimitati.
In Italia tre imprese su quattro sono controllate da una persona o da una famiglia: con riferimento al 2019 sono il 75,2%, ovvero più di 770mila, le microimprese e il 63,7% quelle con 10 addetti e oltre. Complessivamente, oltre il 20% delle imprese ha affrontato o affronterà un passaggio generazionale nel periodo compreso tra il 2013 e il 2023. (Fonte: Report primi risultati censimento imprese permanente, Istat).
Soprattutto in una microimpresa il ruolo del consulente può quindi essere decisivo per un passaggio di consegne lineare e senza intoppi.
Questo articolo vuole stimolare una semplice riflessione:
Se siete parte del 75% delle imprese a conduzione familiare, state portando avanti le azioni necessarie per dare continuità alla vostra impresa? Usando una metafora green: avete la lungimiranza di mettervi in disparte per lasciare luce anche alle piante che stanno crescendo? Tutto ciò tenendo sempre a mente che l’azienda non siete voi; è ormai un’entità autonoma che necessita di essere gestita in modo professionale. Sapete quanto è stato difficile portarla fino a qui e sapete che non tutti sono adatti a fare gli imprenditori.
Se volete iniziare una riflessione al riguardo : in ANCIMP sicuramente troverete i consulenti e i professionisti più adatti a ogni vostra esigenza!
L’AUTORE
Laureato in Statistica e Gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Padova ha da subito approfondito il mondo dell’internazionalizzazione. Prima a Città del Capo in Sudafrica e successivamente a Padova in Italia ha lavorato presso vari uffici export ricoprendo anche incarichi di Country Export Manager con la delega alla gestione di vari mercati europei, nordafricani e asiatici.
Nel 2018 ha fondato Libra Consulting ove svolge ora la funzione di Temporary Export Manager per offrire alle aziende l'esperienza maturata sia negli studi che sul campo.
Parte della redazione di Consulenti & Impresa e presidente della circoscrizione Triveneto di ANCIMP, è raggiungibile alla mail: triveneto@ancimp.it.